Non devo necessariamente affondare i ricordi ai tempi in cui il mio sguardo inseguiva con ammirazione le varie XT600, XR600, Dominator650 che vedevo sfrecciare per le vie di Roma, per comprendere come il monocilindrico 4T mi abbia da sempre stregato. Al punto che appena ne ebbi la possibilità misi in vendita la mia NS125F per acquistare una XL600R Paris-Dakar d’occasione. Vibrazioni, coppia, sonorità, facilità di guida di quella tuttofare targata Honda contribuirono ulteriormente a rafforzare i miei sentimenti.
Così mentre sto per salire a bordo di una immacolata RC 390 mi chiedo se sarò capace di rivivere quelle emozioni e se questa sportiva leggera che costa appena 5.800 euro saprà confermare in movimento tutta la grinta che con la sua linea spigolosa piena di dettagli racing lascia trapelare sin dal primo sguardo.
Mentre Stefano della concessionaria Bi & Ti mi sta porgendo la chiave, sotto il casco tento di mantenere un’espressione quanto più concentrata per dissimulare quella voglia un po’ fanciullesca e sguaiata di scorribanda che una motina da 147 kg e 44 cv ti fa venire all’istante (a proposito, la si può guidare con la patente A2) .
Da ferma questa piccola Kappa non lascia indifferenti. L’impressione è di trovarsi al cospetto di vera moto di impostazione racing. La forcella a steli rovesciati ha un ragguardevole diametro di 43mm, come sulla sorellona Superbike LC8, il bellissimo forcellone al posteriore segue per aspetto e materiali, l’alluminio, le realizzazioni che la casa di Mattighofen riserva alla sua gamma premium, il bel telaio in traliccio immancabilmente arancione regala atmosfere da Moto3, il codone monoposto che in realtà (brevetto) si trasforma in seduta per il passeggero, gli specchietti che integrano le frecce, la bella pinza ad attacco radiale firmata ByBre (marchio low cost di Brembo), tutti elementi che aiutano non poco ad inquadrare la nostra RC come promettente puledro di razza. Ciò che invece non sono riuscito ancora a digerire è la parte anteriore, ed in particolare quel muso un po’ allungato da pesce gatto che magari donerà personalità ma che per i miei gusti rende meno armonica la vista d’insieme.
Finalmente salto in sella, e la Kappina mi sorprende non poco acquattandosi sotto il peso dei miei settantadue chili, ricordando molto da vicino quello che accadeva sulle endurone a me tanto care. Oh, Oh, cosa sta succedendo? Sarà mica utilizzato le sospensioni di qualche EXC?
Ancora vagamente sconcertato metto in moto il mono quattro valvole raffreddato a liquido di 373cc. Frizione, giù la prima e si parte. Sin da subito la leggerezza della moto mostra tutti i suoi benefici. La RC 390 alle basse velocità stupisce con una maneggevolezza da riferimento, risultando sempre duttile ai comandi, grazie anche alla buona leva (in relazione alla tipologia di moto) offerta dai due semimanubri. Per questo approccio così disincantato mi ricorda molto le 125 dei primi anni ‘90, Mito in primis. Il motore risulta trattabilissimo già dai bassi, la frizione a prova di neopatentato ed il cambio tra i più morbidi e veloci che abbia mai provato. In città si viaggia davvero con poco impegno e la taratura delle sospensioni, molto scorrevole nel primo tratto, aiuta non poco a mitigare le incertezze dell’asfalto mantenendo piuttosto alto il livello del comfort. Il freno anteriore mette subito a proprio agio, garante di una modulabilità elevata.
Finalmente ci lasciamo la Capitale alle spalle e guadagniamo un bel misto, uno dei terreni di elezione della nostra RC. Dopo le prime curve ci si trova spaesati, tanta è la velocità della Kappina a scendere in piega. Avviene tutto con una facilità estrema e con un impegno fisico praticamente inesistente. La confidenza della ciclistica è elevatissima e su tutto spicca la coerenza dell’avantreno, garante di una stabilità inaspettata e di una comunicatività a prova di neofita. Questo si traduce in ingressi in curva davvero fulminei (le migliori supersportive ipervitaminizzate di ultima generazione al confronto sembreranno elefanti), capacità di mantenere la traiettoria imposta ed uscite a gas spalancato accucciati dietro il cupolino, in puro stile Moto3. Divertimento puro! A garanzia della sicurezza attiva concorre anche l’impianto frenante (con ABS) che se opportunamente sollecitato regala una potenza assolutamente adeguata all’utilizzo su strada. Il motore rimane sornione sino ai 5000 giri, poi, inizia a spingere con più decisione sino ai 7000, superati i quali si arriva in un lampo ai 10000, quota dove il limitatore decreta la fine dei giochi, un vero peccato perché il piccolo mono sembrerebbe ancora avere birra da spendere. Scordiamoci ovviamente il temperamento dei monocilindrici di 6/700cc, pieni di coppia sin dai medio-bassi, qui per andare veloci si deve ascoltare con un po’ di attenzione il canto del quattro valvole, mantenendolo nel range di utilizzo più prestazionale, ma supportati ancora una volta da un cambio dal rendimento esemplare nell’utilizzo sportiveggiante non sarà difficile mantenere ritmi brillanti tra le curve.
Nonostante le dimensioni, l’abitabilità della RC 390 è piuttosto soddisfacente, permettendo una certa liberta di movimento in senso longitudinale, determinando una postura moderatamente caricata sulle braccia, a vantaggio di un pieno controllo nella guida sportiva, senza per questo risultare limitante in termini di comfort. Il cruscotto digitale risulta molto completo ma avrei preferito una lettura più agevole del contagiri.
Mentre riconsegno le chiavi della RC 390 mi rendo conto di quanto mi sia divertito insieme a questa generosa lightweight che non richiede particolari equilibrismi per essere condotta con disinvoltura, risultando amichevole nell’approccio ma anche tanto concreta nelle prestazioni. Una formula vincente che mi piacerebbe immaginare anche in versione monstre, col motore della Duke 690 a spingere una ciclistica così spassosa ed equilibrata.