Sono appena sceso dalla nuovissima Honda Africa Twin equipaggiata col cambio automatico DCT e mi tuffo a scrivere immediatamente queste righe di commento. Voglio raccontarvi proprio tutto della attesissima endurona che mi ha accompagnato in un tragitto d’assaggio tra trafficatissime strade della Capitale, tratti più scorrevoli di un Raccordo Anulare insolitamente libero ed un breve misto.
La moto a disposizione è nella cattivissima livrea nera, una total black che dal vivo aiuta non poco ad enfatizzare la grinta di questa Honda. Mentre Andrea di Honda Palace Roma mi sta consegnando la moto suggerendomi quali impostazioni relative alla logica del DCT e Traction Control adottare, ho la mente affollata da diversi interrogativi. Sarà una vera Honda? Sarà intuitivo e redditizio l’utilizzo del cambio automatico su una moto del genere? 95 cavalli bastano per divertirsi?
Monto in sella e sono pronto a muovere. Mancano all’appello il comando del cambio e la leva della frizione, ma le dita della mano sinistra, ignare, si distendono comunque alla ricerca di qualcosa che non c’è. Per la partenza meglio settare il cervello su mappa “scooter”. Si ruota appena l’acceleratore ed il gioco è fatto. I primi metri li spendo per prendere dimestichezza con la posizione di guida. Tutto appare al posto giusto, busto eretto, pedane ben distanziate dalla sella, buona rastrematura del serbatoio che permette un ottimo inserimento nel mezzo e ne facilita non poco il controllo, sella ben imbottita ma tutt’altro che cedevole, consente di spostarsi facilmente in senso longitudinale, quindi, per concludere, manubrio piuttosto dritto in classico stile off-road, non troppo lontano dal busto ed appena più alto di quanto si possa trovare su una moto turistica di impostazione prettamente stradale.
In città, grazie ad un setting tarato al morbido crepe e buche del disgraziato asfalto capitolino vengono filtrate a dovere, e la schiena ringrazia. Davvero azzeccata la taratura della forcella Showa, scorrevole soprattutto nella prima fase dell’escursione, poi più contrastata, aiuta a mantenere il controllo della moto anche quando si agisce con più determinazione sulla leva del freno anteriore. I trasferimenti di carico ci sono, ma il controllo rimane sempre elevato. Dietro, il mono fa il suo dovere, mostrando un setting di base soprattutto rivolto al comfort. Nel traffico ci si muove con disinvoltura, l’Africa Twin appare molto bilanciata, il largo manubrio aiuta a destreggiarsi anche in spazi angusti consentendo di prodursi in manovre di stampo trialistico ed il DCT dal funzionamento morbido e veloce permette di concentrarsi ancora di più sulla guida. I freni offrono un attacco piuttosto morbido, fin troppo per i miei gusti, garantendo una modulabilità da riferimento.
Quando imbocco il Raccordo, non credo ai miei occhi, traffico inesistente. La prendo come una benedizione e lancio questa Honda a velocità autostradali. Da subito l’Africa Twin mette in mostra un’aerodinamica ben studiata che ripara egregiamente gambe e busto. La testa è appena investita da un flusso d’aria pulito, privo di vortici, e si viaggia in prima classe grazie anche ad un livello di vibrazioni davvero esiguo. Le riprese anche in sesta sono piuttosto vivaci, ed in considerazione della importante quantità di coppia già presente ai regimi medio bassi e della linearità dell’erogazione di questo bicilindrico frontemarcia, scelgo di agire sulla logica di funzionamento del cambio abbandonando la mappa sportiva intermedia (S2) in favore della più turistica Drive (D). Le cambiate sono anticipate, ci si trova a viaggiare col rapporto più lungo superati di poco i 60 km/h ma all’occorrenza si può sempre intervenire sui pulsanti posti nel blocchetto di sinistra per scalare uno o più rapporti. Complice anche la ruotona anteriore da 21”, la stabilità sul veloce è assai rassicurante e le imperfezioni dell’asfalto non infastidiscono mai l’assetto. Globetrotter.
Fuori dal GRA ci attende un bel parco giochi, una strada tutte curve per rendere ancora più coinvolgente questa prima uscita insieme alla CRF1000F. Lei mi stupisce letteralmente mostrandosi camaleontica, pronta a trasformarsi in una moto maneggevole e facile da far scendere in piega. Ama la guida rotonda, non richiede necessariamente la guida di corpo nemmeno nei tratti più impegnativi, e se non la strapazzi ti ripaga con una confidenza che altre rivali ti concedono solo dopo una conoscenza ben più approfondita. Volendo giocare a fare i piloti si può contare su un avantreno molto comunicativo che permette di accompagnarla in curva col freno anteriore ancora pinzato. In uscita, aprendo il gas con decisione, avrei preferito un set-up del mono posteriore più duro, per evitare quei leggeri schiacciamenti del retrotreno che rendono la guida meno efficace e sporcano leggermente una performance altrimenti perfetta. Ma c’è da considerare che l’Africa Twin è la moto totale per definizione e quindi l’assetto nasce evidentemente come studiato compromesso tra le necessità della guida su asfalto e quelle in off-road.
Mentre dirigo nuovamente verso la concessionaria per riconsegnare questa bella endurona, provo a dare una risposta ai quesiti che mi ronzavano in testa.
Sarà una vera Honda? E’ la risposta più facile. Eccome se lo è! Salti in sella e ti sembra di averla sempre guidata. L’ergonomia è ben studiata, hai tutto a portata di mano (solo il blocchetto di sinistra che integra anche i due pulsanti per l’uso in manuale del cambio appare un po’ troppo affollato), l’aerodinamica a prova di tornado, il comfort è di livello e lei si lascia guidare con un dito.
Sarà intuitivo e redditizio l’utilizzo del cambio automatico su una moto del genere? Posto che il funzionamento del DCT è pressappoco impeccabile e sicuramente intuitivo anche per chi, come me, era alla sua prima esperienza, mi domando se un cambio automatico sia davvero utile su una motocicletta come questa. Non sarebbe stato meglio prevedere come opzione un quickshift? Pesa meno, costa meno e a conti fatti risulta estremamente più divertente da utilizzare. Peccato.
95 cavalli bastano per divertirsi? Hai voglia, soprattutto se supportati da una quantità di coppia così tangibile e presente sin dai bassi regimi ed ovviamente da un peso in ordine di marcia relativamente contenuto. Il nuovo bicilindrico frontemarcia di 998cc è dolcissimo nel funzionamento, privo di on-off, vibra pochissimo ed è sempre presente quando si ruota la manetta con decisione. Unico neo (nonostante il manovellismo a 270° che dovrebbe aiutare a replicare il temperamento di un motore a V…) la mancanza di un carattere più coinvolgente che ti arrivi dritto al cuore.