Sono sempre più convinto che il rapporto tra uomo e motocicletta sia di carattere fortemente sentimentale, con buona pace di tutti quelli che scelgono la loro cavalcatura in funzione della potenza al banco, della velocità di punta, dei tempi sul giro.
Lo sguardo inaspettatamente interessato che rivolgo alla nera Harley 48, parcheggiata tra una Road King Classic ed una Softail Deluxe, ne è probabilmente l’involontaria conferma.
Mi sento soddisfatto. Oggi ho finalmente l’occasione di passare po’ di tempo insieme alla piccola Forty-Eight. La giornata è di quelle ideali, aria primaverile frizzante e cielo terso. La luce radente di questa mattina mette in rilievo il profilo minimalista della bobber H-D. L’esile serbatoio peanut da 7,9 litri ne è l’elemento caratterizzante, contrastando con grande efficacia la mole possente dell’intramontabile V2 di 1.202cc raffreddato ad aria, per questa occasione il livrea total black. Sai che ti dico piccola mia, che dal vivo sei ancora meglio che in foto!
Mi allaccio il casco, infilo i guanti, salto in sella e metto in moto. Il bicilindrico si avvia lestamente scuotendo la moto. Il battito di questo pezzo d’acciaio made in Milwaukee ti conquista anche da fermo. Le vibrazioni mi attraversano. Devo ancora tirare la frizione per inserire la prima, che mi scopro felice come un bambino la mattina di natale con i regali sotto l’albero.
Ok si parte, anzi no. Ci metto un po’ più del dovuto ad individuare col piede sinistro la leva del cambio. Questa Harley ha le pedane in posizione piuttosto avanzata, ed al primo tentativo faccio decisamente cilecca. Do un’occhiata e poi riprovo. Centro! Via!
Devo abituarmi alla posizione di guida, molto dissimile rispetto alle moto più tradizionali, con i quattro arti piuttosto protesi in avanti. Dopo qualche chilometro in sella però mi sento già più a mio agio. Il manubrio dritto e basso ha tutti i comandi a portata di mano. La novità è rappresentata dal montaggio inverso (ovvero verso il basso) degli specchietti. Ci metto un pochino a farci l’abitudine, ma poi riesco ad utilizzarli con una certa disinvoltura. La sella piuttosto bassa (71 centimetri la distanza col terreno) aiuta a non affaticarsi troppo nelle inevitabili soste a cui l’intenso traffico cittadino obbliga, la sezione tutto sommato stretta della moto favorisce un positivo rapporto uomo/macchina. Un po’ alla maniera sua, questa moto sa dimostrarsi sufficientemente ergonomica.
Se nelle manovre da fermo i 250km della Forty-Eight la fanno sembrare più goffa di quello che la sua linea lascerebbe immaginare, non appena ci si muove, si dimostra inaspettatamente agile e decisamente facile da condurre.
Il motore dimostra di avere una buona schiena e te ne accorgi subito. Non è un il bicilindrico più potente che guiderete (siamo nell’intorno dei 60 cavalli) ma la sua abbondante coppia, presente sin dai regimi più bassi, vi stregherà. Una bella dote che conferisce a questo V2 un carattere davvero unico.
Appena ci entri in sintonia, ti trovi a viaggiare anche alle andature più modeste con i rapporti più lunghi, potendo contare su una generosa spinta ad ogni apertura del gas. Capitolo a parte meritano vibrazioni e sound, due fantastici attributi di questo 1200cc che rendono l’esperienza di guida decisamente coinvolgente. Ma di questo ve ne parlo più avanti.
La guida risulta molto poco stressante ed abbastanza intuitiva. Anzi, non mi aspettavo di poter scendere in piega così facilmente. Il grosso e grasso pneumatico anteriore da 130 non ha effetti negativi sulla dinamica della moto. Anche nel misto la 48 mantiene la traiettoria, a patto di non strapazzarla con aperture del gas anticipate. Inutile anche cercare inserimenti in curva garibaldini. Questa Harley è fatta per la crociera, per dondolarsi spensieratamente tra una curva e l’altra, lasciandola scorrere. Qui non servono mappature e controlli di trazione, il motore fino alle medie andature spinge deciso, senza essere né brusco né impetuoso, chiedendo al tuo corpo ed alla tua mente uno sforzo relativamente basso, lasciandoti libero di goderti il paesaggio e di assaporare il profumo dell’aria. Inutile nasconderlo, una moto così fa stare bene, ti regala positività.
Io non ci credevo, ero diffidente quando sentivo parlare gli appassionati di Harley a proposito delle emozioni uniche che le loro moto sapevano regalargli. Li reputavo un po’ troppo fanatici delle loro cavalcature e della folosofia Harleysta, ed anche un po’ l’oggetto di sapienti azioni di marketing.
Mi sono dovuto ricredere.
Dopo solo pochi minuti di convivenza con questa 48 inizio a pensare che abbiano ragione loro. Il tuo lato più fanciullesco prende inesorabilmente il comando, ti senti coccolato dalla tua moto, ti va di starci sopra e macinare strada per il solo gusto di passare del tempo insieme. Su due ruote come queste è bello rilassarsi, la mente si libera ed i pensieri iniziano a correre. Sono felice.
Chiuso il siparietto poetico, ritorniamo con i piedi in terra. Anche perché ho ancora tante cose da dirvi.
Iniziamo subito con un argomento di sicuro caro agli amanti dell’alta fedeltà: il brevettatissimo ed esclusivo rombo Harley-Davidson. Da questo punto di vista la moto che sto guidando può sicuramente dire la sua, mettendo in bella mostra un paio di scarichi cromati Vance & Hines. Intendiamoci, non sono di quelli tutti aperti da veri maleducati, sono solo un po’ più loud degli originali, quel tanto che basta a non rompere i timpani (e qualcos’altro) alla gente, ma al tempo stesso capaci di regalare piacevoli ruggiti baritonali ad ogni accelerazione. Anche perché gli originali, diciamola tutta, castrano davvero troppo il vero carattere acustico del 1200.
Le vibrazioni, che gioia. Le si percepiscono sempre, da quando la moto si avvia, fino alla massima velocità. Mai fastidiose, tutt’altro. La loro bassa frequenza le trasforma in piacevoli pulsazioni che raccontano istantaneamente al pilota quello che la moto sta provando. Stai viaggiando comodamente su una strada extraurbana, le sentirai appena su manubrio e sella, rappresenteranno un dolce massaggio; decidi di accelerare dando una bella manata al comando del gas, allora in questo caso ti saliranno dalla schiena fin su la testa ed in un attimo investiranno ogni parte del tuo corpo, come a dirti “attento che sono una bestia!”.
Passiamo alle note meno positive.
Sospensioni. Qui laForty-Eight ha appalesato qualche limite. La forcella ha una taratura tendente al duro ed inoltre ha un’escursione piuttosto limitata. I due ammortizzatori dietro seguono grossomodo lo stesso discorso. Risultato: occhi ben aperti, evitare buche, tombini, crepe dell’asfalto, altrimenti la vostra schiena avrà bisogno di una seduta dal fisioterapista alla fine di ogni giornata.
Anche i freni non hanno entusiasmato, pur tenendo debitamente conto del carattere tutt’altro che sportivo della moto. Per garantire decelerazioni importanti inutile insistere con il solo freno anteriore, sarà meglio spingere con decisione anche sul pedale per sollcitare l’intervento del freno posteriore. Il risultato non sarà da record, ma almeno vi permetterà di fermare la moto in spazi discreti. Inoltre il carico richiesto sulla leva al manubrio è più alto della media e la risposta che restituisce l’anteriore risulta sempre abbastanza legnosa. Per una moto di questa stazza, dotata oltretutto di ABS, sarebbe auspicabile poter disporre di un impianto più potente. In questo frangente non mi ha aiutato nemmeno il freno motore, che, con mio stupore, trattandosi di una moto mossa da un bicilindrico di 1200cc, si è dimostrato quasi del tutto assente.
Della protezione aerodinamica non vi parlo nemmeno, la sua totale assenza non può essere considerata un difetto su una moto volutamente basic come questa.
Come giudicare allora questa Forty-Eight, una moto da 12.100 euro che non frena benissimo, ha sospensioni rigide, vibra, ha un cambio non velocissimo e contrastato e che a 100 all’ora ti costringe a tenere forte il manubrio per non volar via?
Ah, non ho dubbi, molto positivamente. Questa Harley è stata una bellissima sorpresa. Mi sono divertito tantissimo a guidarla. Persino quando ero fermo al semaforo. Mi ha conquistato con il suo carattere, con la sua linea da vera instant classic, con il rombo del suo motore, con una guida facile in città e divertente fuori, con la quantità di acciaio che è stata impiegata per costruirla, con la forma del manubrio, con la completa esposizione agli eventi a cui ti costringe, con le poche cromature, con quel serbatoio così piccolo da garantisce una autonomia da ciclomotore.
La ciliegina sulla torta? Qualche piccola modifica nel rispetto della tradizione bobber. Sostituzione della sella con la monoposto H-D Solo Springer Seat, istallazione di una coppia di scarichi Vence & Hines shortshots black (provvedendo ad un idoneo bendaggio con fascia rigorosamente nera), e per finire un bel filtro RSD, tanto cattivo quanto minimalista.
Tante volte Babbo Natale fosse all’ascolto…
Complimenti per la recensione: trasferisce esattamente le reali emozioni che questa HD riesce a darti.
Pochi fronzoli, solo acciaio, sentimento e suono pieno.
Il video della Duccio Production (che tutti conosciamo per l’ attenzione ai particolari) completa egregiamente l’ articolo
Ora esco e me la vado a comprare !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!