A dire il vero il mio approccio con la Scrambler è stato piuttosto scettico. Tutta quella lunghissima campagna pubblicitaria, o di marketing se vi piace tirarvela, che ha preceduto il lancio della novità Ducati dello scorso EICMA mi ha stomacato non poco. Ed ogni volta che ho provato a seguire con più attenzione il teaser del momento era sempre più chiaro come questa nuova creatura fosse stata disegnata e realizzata per soddisfare i gusti dei fighetti, degli hipster e derivati, piuttosto che per reagire al crescente bisogno di spensieratezza e di facilità di guida che sempre più motociclisti chiedono alla loro cavalcatura.
Tant’è, mi sono fatto coraggio ed ho deciso che una moto così differente rispetto alla normale produzione di Borgo Panigale meritasse di essere comunque provata.
L’amico Roberto di Ducati Roma mi ha consegnato le chiavi di una Icon gialla in una caldissima mattinata di fine estate. Non ho avuto troppo tempo per scattare le consuete foto statiche perché, vestito come il più rispettabile dei partenti per il tour Stoccolma-Capo Nord, sfoggiavo con ostinazione il mio Dainese nero piombo, causa inevitabile di una vigorosa salita della temperatura corporea che mi suggeriva di mettere subito in moto la Scrambler e dirigere fuori porta.
Salito concitatamente a bordo scoprivo una posizione di guida più naturale rispetto a quanto la vista di quel largo manubrio mi avesse fatto supporre. La sella è alta il giusto, anzi direi che con i suoi 790mm da terra si può giudicare bassina per una moto che promette di essere divertente anche nel fuoristrada leggero, le pedane sono appena arretrate e, per l’appunto, quel manubrio che ne caratterizza così tanto la linea, alla prova dei fatti risulta giustamente distanziato dal busto, appena più alto rispetto a quanto si può trovare su moto di impostazione classica e nemmeno troppo largo.
Il bicilindrico al L di 803cc parte lestamente e vibra poco, ma la voce allo scarico mi sembra fin troppo educata. Giù la prima, via. Alle bassissime andature questa Ducati va da se. Il peso relativamente contenuto (186kg in ordine di marcia) e la buona leva offerta dal manubrio la rendono velocissima nei cambi di direzione tipici del traffico di Roma. Il desmodromico di 803cc, qui offerto per la prima volta con incrocio valvole di 11°, è generoso sin dai bassi regimi, ampliando notevolmente il suo arco di utilizzo e rendendo l’uso del cambio davvero contenuto. Tradotto, si riprende bene dai 2500 giri, ma si può scendere anche più in basso, mentre dai 3500 spariscono le vibrazioni (che per inciso sono di bassa frequenza e non infastidiscono mai) e si viaggia in vero souplesse. Il comando del gas richiede un minimo di assuefazione, alle piccole aperture il bicilindrico bolognese risponde con decisione e ci si trova a dover centellinare in pochissimi millimetri di corsa una buona dose di energia. Forse non il massimo per chi è alle prime armi. La frizione è un pochino più dura rispetto a moto di simile estrazione mentre il cambio mi è sembrato coerente nel funzionamento. Ho letto sul web che la taratura delle sospensioni risulterebbe rigida nel filtrare le asperità tipiche dei dissestati asfalti cittadini. A me invece ha garbato parecchio, magari non è all’altezza di impianti di stampo più tipicamente off-road, che tra l’altro vantano escursioni prossime ai 200mm contro i 150mm della Scrambler, ma a dire il vero la mia schiena non ha mai subito contraccolpi. I freni convincono, l’anteriore alle basse andature mette in mostra una modulabilità a prova di neopatentato, ed il posteriore fa il suo dovere. Non mi hanno troppo entusiasmato le leve al manubrio, soprattutto quella del freno, con registro della regolazione della distanza su quattro posizioni, che ha evidenziato una fattura piuttosto dozzinale per essere una Ducati ed un registro impreciso.
Finalmente fuori città, ed in un attimo capisco che questa Scrambler è una Ducati al 100%, altro che moto da fighetti. La facilità nel condurla risulta costante anche aumentando la velocità. L’equilibrio dell’insieme è notevole, la moto si inserisce in curva da sola e mantiene la traiettoria in modo esemplare. Dopo pochi chilometri di misto capisco che delle Pirelli MT 60 RS, appositamente create per la Scrambler, ci si può fidare davvero, e così decido di alzare un po’ il ritmo guidando questa tuttofare come una sportiva. Il motore regala gioia ad ogni apertura mettendo in mostra un carattere generoso ed una spinta corposa che comunque non mette mai in crisi la ciclistica. Il disco anteriore da 330mm, morso da una pinza radiale a 4 pistoncini Brembo, sfodera davvero una bella potenza, regalando staccate goduriose sostenuto anche dal bel lavoro della forcella a steli rovesciati da 41mm firmata Kayaba. D’istinto si inizia a guidarla di corpo, anticipando le ripartenze dalle svolte più secche ed entrando in curva con il medio della mano destra a tirare ancora la leva del freno, confidando sul buon feedback che riceviamo dall’avantreno. In questo frangente avrei preferito un’imbottitura della sella più rigida, per trovare maggior sostegno e sentire ancora di più la moto. Forse galvanizzato dall’esperienza inaspettatamente positiva, rimango favorevolmente stupito anche dall’aerodinamica della nostra protagonista. Si tratta di una super nuda, non c’è nemmeno un piccolo deflettore sopra il faro a poterci riparare dal vento, eppure tenere i 110-120km/h risulta un’impresa meno ardua che su altre moto di simile estrazione.
Per finire lo styling, che dal vivo mi ha garbato parecchio: i cerchi in lega neri, il piccolo parafango anteriore, il portatarga/parafango posteriore, la bella forcella rovesciata con canne anodizzate nere, la pinza ad attacco radiale brembo, il telaio in traliccio di tubi ed ovviamente il motore, l’intramontabile desmo due valvole raffreddato ad aria. Mi ha convinto meno il mono posteriore montato lateralmente (non tanto in termini funzionali, quanto per la poca vivacità che ha restituito ai miei occhi e se la Scrambler fosse la mia, non ci penserei due volte ad acquistare per soli… 548 euro+iva il bellissimo mono, ovviamente giallo, della Ohlins) ed il piccolo quadro strumenti digitale ad oblò ancorato al manubrio che non agevola una lettura veloce dei dati, contagiri in primis.
Restituisco la Scrambler con un ghigno di soddisfazione. Mi ha letteralmente conquistato, inutile girarci intorno. I 75 cavalli (ma anche i 7kgm di coppia) di un motore dal gran carattere e la bella ciclistica sono gli ingredienti base di un’alchimia capace di regalare facili emozioni, divertimento, spensieratezza e piacere di guida. 8900 euro per averla nel box, ABS incluso.