Prendo lo spunto dalla recente presentazione della rinnovata famiglia Bonneville, vero e proprio punto di riferimento da lustri per gli appassionati di modern classic.
Mi sono piaciute subito alcune cose.
Per primo, la linea. Importantissima in questo segmento, soprattutto se ci riferiamo a delle vere e proprie icone senza tempo. I tecnici di Hinckley sono riusciti a mediare sapientemente tra le necessità tecniche, prima tra tutte quella di introdurre un nuovo propulsore raffreddato a liquido, con quelle inerenti lo styling. Il risultato finale è sotto gli occhi di tutti. Moto bellissime, con la Thruxton R a fare da ciliegina sulla torta.
Secondo, l’upgrade tecnico. Rispetto alla precedente versione viene introdotto finalmente l’ABS, ma compaiono anche il traction control e su alcune versioni offrono anche tre driving mode selezionabili. Il vecchio bicilindrico ad aria viene sostituito dal nuovo propulsore raffreddato a liquido offerto in due cilindrate, 900 e 1200cc. Per i più sportivi nasce un nuovo modello, la Thruxton R, valorizzato da componenti racing quali pinze monoblocco Brembo, forcella Showa Big Piston e ammortizzatori Ohlins.
Terzo, la gamma completa, da subito. Ad eccezione della Scrambler, Triumph ha deciso di far debuttare contemporaneamente 5 modelli: Bonneville T120, T120 Black, Treet Twin (l’unica con motore 900cc e sella ribassata), Thruxton e Thrixton R. Si sono fatte attendere le nuove Bonnie, ma ora che sono arrivate ce n’è per tutti i gusti.
Allora mi chiedo, visto che questo è un segmento che sta riscuotendo un crescente apprezzamento da parte degli appassionati, perché i grandi Marchi italiani lo continuino ad approcciare con un po’ di timidezza, se non con indifferenza?
Ducati 10 anni fa ci aveva provato proponendo tre bellissime motociclette spinte dal due valvole ad aria da 1000cc. L’apprezzamento della gamma SportClassic made in Bologna si può riscontrare ancora oggi dando uno sguardo alle quotazioni dell’usato che, soprattutto per la Sport1000, risultano incredibilmente elevate. Poi più nulla, a parte la recente Scrambler, che a me piace tantissimo e va benissimo (e presto ve la racconterò in una prova), ma che non è una modern classic. E pensare che intorno a quel due valvole, magari maggiorato a 1200cc, si potrebbe costruire una famiglia di motociclette uniche ed emozionanti con denominatore comune la sportività, a cui Ducati in passato ci ha dimostrato di non saper rinunciare nemmeno per le sue creature d’impostazione vintage.
Moto Guzzi presentò ad EICMA 2007 la V7. La prima moto classicheggiante della nuova era che si è dimostrata un successo ed ha contribuito non poco a rilanciare il Marchio dal basso ed attrarre nuovi motociclisti. Oggi sono appena state presentate le nuove Bobber e Roamer, spinte dal V2 di 850cc. Meglio di niente, mi viene da dire. Ma come, Moto Guzzi, marchio storico/sportivo del grande Gruppo Piaggio è capace in 8 anni soltanto di rinnovare la V7 (nel 2014) oltre a presentare le due neonate di cui sopra? E’ così difficile ampliare la gamma per vendere ancora più moto? Magari sforzandosi un po’ di più rispetto all’upgrade V7-Roamer che ha visto il motore crescere dai 750 agli 850cc e la potenza passare dai 48cv ai 55. Insomma, una famiglia di moto rinvigorite in termini di ciclistica e di motore è chiedere tanto? Non voglio spingermi oltre, ma si tratterebbe di moto più costose e raffinate, che garantirebbero tra l’altro all’azienda margini più elevati ed agli appassionati darebbero la possibilità di acquistare delle motociclette “definitive” con le quali sentirsi davvero orgogliosi di guidare un marchio italiano.
MV Agusta dorme beata, ricordandosi del suo glorioso passato solo per promuovere il nuovo modello del momento. Io mi immagino un esclusivo motore a tre cilindri raffreddato ad aria prima di tutto. Non voglio ripetermi, se avete voglia di conoscere cosa penso del futuro in veste classic di MV, ma anche di Ducati e Moto Guzzi, potete leggere la mia letterina di natale dello scorso anno. Questo è il link: