La rinnovata 390 Duke conquista con una guida agile e dinamica, grazie a quote ciclistiche veloci ed uno mono davvero pepato. Bello il telaio in traliccio di tubi che conferisce all’insieme ancora più personalità. Ergonomia al top, ABS disinseribile. Per metterla nel box occorrono 5.730 euro.
COM’E’ FATTA
A muovere la KTM 390 Duke ci pensa un grintoso monocilindrico bialbero quattro tempi, quattro valvole di 373,2cc con raffreddamento a liquido e corpo farfallato da 46mm. E’ capace di 44 cavalli a 9500 giri/min e di una coppia massima di 37 Nm a 7.250 giri/min. Si trova all’interno di un telaio in traliccio di tubi d’acciaio, immancabilmente verniciato a polvere nel classico arancione KTM. Il telaietto reggisella è scomponibile, in tubi di acciaio verniciati di bianco. Le sospensioni sono fornite da WP. La forcella USD ha steli da 43 mm di diametro e consente un’escursione alla ruota anteriore di 142 mm, mentre il mono, regolabile nel precarico molla, agisce direttamente su un forcelline pressofuso in alluminio e permette alla ruota posteriore una corsa di 150 mm. La 390 Duke è dotata di ABS Bosch 9MP, totalmente escludibile o, nella funzione Supermoto, escludibile esclusivamente alla ruota posteriore. La moto viene frenata all’anteriore da un disco da 320 mm di diametro su cui agisce una pinza ad attacco radiale a quattro pistoncini griffata Bybre. Dietro c’è un disco fisso da 230 mm su cui agisce una pinza ad un pistoncino. Gli pneumatici di primo equipaggiamento, montati su cerchi in alluminio pressofuso da 17 pollici, sono i Metzeler Sportec M5 Interact nelle misure 110/70 (ant) e 150/60 (post). Interasse 1.357, inclinazione cannotto 25°, altezza sella 830 mm, peso a secco 149 Kg. Ricco di informazioni e sempre ben leggibile il cruscotto con display TFT.
COME VA
Saliti in sella veniamo accolti in modo piuttosto generoso nonostante le dimensioni limitate della 390 Duke. Merito dell’eccellente ergonomia e della sella posta ad 830 mm da terra. La posizione è piuttosto avanzata, caratterizzata dalla ridotta distanza tra cannotto e piano di seduta, in stile spiccatamente motard. Il manubrio è ribassato e appena più largo delle spalle. Si lascia impugnare mantenendo polsi ed avambracci piuttosto morbidi con le braccia piuttosto flesse, a vantaggio di comfort e controllo. Il busto è appena inclinato e consente di avere una percezione ancora più elevata del lavoro dell’avantreno. Le pedane sono in posizione arretrata, discretamente distanti dalla sella, disegnando una piega delle ginocchia evidente ma comunque comoda anche dopo diversi chilometri. A proposito, la sella vanta un’imbottitura sostenuta, un grip superficiale elevato e piace soprattutto per la sua conformazione piuttosto snella nella parte in congiunzione col serbatoio e quindi sempre più larga verso il posteriore, a vantaggio del sostegno nella guida sportiva e dell’inserimento delle nostre ginocchia, ulteriormente assicurato dalle prepotenti svasature del serbatoio e dalla larghezza davvero minima del telaio.
Nel misto, è immediata la percezione di maneggevolezza offerta da questa 390 Duke. Un’agilità, evidentemente frutto di interasse e peso ridotti, che non svanisce nemmeno quando alziamo il ritmo. Questa Kappa punta decisa alla corda con estrema naturalezza e per incrementare ulteriormente questa sua attitudine può risultare conveniente applicare un leggero contrasto al manubrio. Una manovra che oltretutto consente al pilota di percepire in modo ancora più netto, soprattutto nella fase di inserimento, il lavoro del pneumatico anteriore. Le sospensioni hanno un setup votato alla guida sportiva e, nonostante l’escursione sia tra le più generose per l’utilizzo stradale, il beccheggio rimane sempre piuttosto limitato. Probabilmente i più smaliziati potrebbero rimproverare la mancanza di un pizzico di progressività in più, soprattutto al posteriore, ma comunque si tratta di questioni piuttosto marginali perché l’assetto della 390 Duke rimane piuttosto neutro anche in presenza di asfalti rovinati. La buona modulabilità e potenza del disco anteriore in combine con il grip e la confidenza offerte dalle Sportec M5 permettono di poter insistere con la fase decelerante sino in ingresso, innalzando non poco il piacere di guida. In uscita si può ugualmente contare su un bel sostegno dei Metzeler che invitano ad anticipare la fase di accelerazione. Tutto benissimo finché il fondo rimane omogeneo, mentre in presenza di crepe e rattoppi il retrotreno potrebbe perdere un minimo il mordente, senza per questo limitare la sicurezza. Davvero sempre piuttosto elevata la sensazione di controllo e di naturale dominio sull’avantreno offerta dalla posizione di guida avanzata. Il mono di 373cc è la ciliegina sulla torta che aiuta questa Duke a fare un salto in avanti rispetto ad alcune concorrenti, diventando un mezzo ideale non solo per chi voglia proseguire senza eccessivi strappi la propria carriera di giovane motociclista dopo l’esperienza delle 125cc, ma anche per quei centauri navigati che vogliano approcciare un mezzo divertente, efficace e dai costi di gestione e d’acquisto limitati. Proprio a proposito del motore, si viene davvero impressionati dalla grinta che mette in luce dai 6.000 giri fino agli oltre 10.000 indicati. Una spinta costante accompagnata da un grugnito allo scarico solo parzialmente limitato dall’omologazione Euro4. La risposta è sempre morbida, ma non per questo inutilmente diluita, con la complicità dell’acceleratore di tipo ride by wire, che consente di ruotare senza troppi indugi la manetta destra ad ogni uscita di curva anche nelle marce basse. Il freno motore è comunque presente, con un buon effetto decelerante fino ai regimi superiori ai quattromila ed aiuta ulteriormente questa ciclistica a chiudere la traiettoria con disinvoltura. Quando si volesse procedere con un ritmo più dilatato, il mono permette di riprendere con una discreta spinta dai 3.000 fino in quarta, 500 giri sopra in quinta e sesta. Le vibrazioni rimangono contenute alle pedane e mai fastidiose ai regimi più elevati, mentre sotto i 5000 saranno più evidenti su pedane e sella senza mai compromettere il comfort.
In autostrada al limite del 130 il mono frulla ad 8000 giri/min senza produrre vibrazioni avvertibili. Data la mancanza di qualsiasi riparo aerodinamico risulterà opportuno indietreggiare sulla sella ed inclinare il busto per aumentare la penetrazione all’aria e trovare un punto d’equilibrio così da mantenere polsi e avambracci relativamente scarichi, evitando di aggrapparsi al manubrio, con benefici effetti, oltre che sul comfort anche sulla dinamica della 390 Duke. La stabilità rimane sempre piuttosto buona nonostante l’interasse ridotto, incrementata proprio dalla posizione aerodinamica che permetterà di caricare adeguatamente l’avantreno grazie al busto inclinato. Le giunzioni trasversali tipiche dei viadotti vengono superate con disinvoltura con l’unico neo relativo alla risposta un po’ secca delle sospensioni che limiterà leggermente il comfort. La ripresa del mono è assolutamente soddisfacente e grazie alla rapportatura finale corta, ai 90 all’ora si viaggia a circa 5.500 giri, sarà possibile effettuare sorpassi senza necessariamente dover scalare rapporto. Se la generosità di questo insieme rimane sempre piuttosto evidente alle nelle trasferte più veloci, l’autostrada rimane probabilmente lo scenario dove meno si apprezzeranno le caratteristiche vincenti della 390 Duke.
In città la nostra protagonista mette in risalto un handling straordinario, ulteriormente migliorato dalla posizione di guida avanzata e raccolta. Sembra di essere seduti sulla ruota anteriore, ti poter girare su se stessi senza il minimo sforzo, di tradurre istantaneamente su strada la manovra che il nostro cervello ha appena immaginato. L’interasse di 1.357 mm ed il peso di 149 Kg se possibile qui rendono ancora più giustizia al lavoro dei progettisti di Mattighofen conferendo alla 390 Duke una guida intuitiva, immediata, e per quanto possibile negli scenari urbani, divertente. Il bialbero si mette in mostra per una generosità assai gradita che all’occorrenza permette di riprendere in quinta e sesta dai 2.500 giri, chiedendo in cambio al suo pilota di sopportare qualche vibrazione di bassa intensità, di tipico stampo monocilindrico, fino a quota 3.500. La frenata mette d’accordo tutti, neofiti ed esperti, caratterizzata da un attacco discretamente dolce, una buonissima modulabilità ed una potenza assolutamente ridondante. Il cambio, anche alle basse andature risulta quanto mai veloce e preciso, con uno sforzo al piede sinistro davvero contenuto ed è assistito da una frizione modulabile e leggera alla leva. Il setting sostenuto delle sospensioni trova nei disgraziati asfalti cittadini un banco di prova severo. Buona la capacità filtrante su crepe e piccoli rattoppi, mentre in presenza di buche e tombini saranno inevitabili l ripercussioni su braccia e schiena. In questo scenario a convincere maggiormente è la forcella, un po’ più scorrevole e progressiva del mono che sulle crepe più profonde può risultare leggermente secco nella risposta.
Durante il test il motore la KTM 390 Duke ha percorso oltre 28 Km con un litro di verde.
Ringrazio la concessionaria KTM Bi&Ti di Roma per aver voluto condividere la propria passione rendendo possibile la realizzazione di questo test ride.
Cosa mi è piaciuto di più: Maneggevolezza, posizione di guida, ergonomia, motore, frenata
Cosa mi è piaciuto meno: Risposta sospensioni a volte poco progressiva
Vi lascio in compagnia del sound del mono di 373cc