La CB 500 Four è una delle classiche più apprezzate dal mercato, grazie alle sue linee personali e bilanciate ma soprattutto per le doti dinamiche ancora incredibilmente appaganti. Affidabilità al top, ricambistica di facile reperibilità. Ha solo il vizio di frenare poco. Un buon restaurato si porta in garage con circa 5.000 euro.
COM’E’ FATTA
A muovere la CB 500 Four (quella della prova è una splendida K1 del 1973) provvede il 4 cilindri raffreddato ad aria di 498,5 cc, con un albero a camme in testa mosso da catena centrale, due valvole per cilindro. Ha misure superquadre (alesaggio 56 mm – corsa 50,6 mm) e viene alimentato da 4 carburatori Keihin con diffusore da 22 mm, lubrificazione a carter umido. La bancata dei cilindri è inclinata di 4°, trasmissione primaria con catena Morse, finale a catena, cambio a 5 rapporti, frizione multidisco in bagno d’olio con comando a cavo. La potenza massima è di 50 cv a 9.000 giri mentre il picco di coppia di 42 Nm si raggiunge a quota 7.500. La ciclistica si compone di un classico telaio a doppia culla in tubi di acciaio da 25,5 mm di diametro con fazzolettature di rinforzo nella zona del cannotto. La forcella è teleidraulica mentre al posteriore si trovano due ammortizzatori regolabili nel precarico molla (Honda non dichiara escursione). La moto è frenata davanti da un disco fisso da 275 mm morso da pinza ad un pistone (comando idraulico) mentre dietro c’è un tamburo da 180 mm di diametro. L’interasse è di 1.405 mm ed il peso a secco pari a 183 Kg. I cerchi sono immancabilmente a raggi con l’anteriore da 19” ed il posteriore da 18” che calzano rispettivamente pneumatici 3.25 e 3.50. L’altezza della sella è pari a 805 mm.
COME VA
Una volta a cavallo della CB 500 Four riceviamo un’accoglienza decisamente buona, soprattutto per busto e braccia. Il manubrio (dotato di raiser che lo alza di circa 2 cm) , appena più largo delle nostre spalle, si lascia impugnare in modo intuitivo mantenendo polsi e avambracci rilassati. La distanza ridotta tra cannotto di sterzo e piano di seduta aiuta a mantenere le braccia flesse, a vantaggio di comfort e controllo. Il busto è appena inclinato, riuscendo così a prevenire affaticamenti precoci di spalle e braccia ma riuscendo comunque a mantenere sempre in modo piuttosto elevato il feeling con l’avantreno. La sella, dall’andamento piatto, soddisfa per le generose dimensioni e l’imbottitura rivolta al comfort ma senza esagerazioni. Peccato solo che le pedane, in posizione centrale, siano piuttosto vicine alla seduta, determinando una piega delle ginocchia abbastanza evidente, soprattutto per chi supera il metro e ottanta. Fortunatamente lo stretto serbatoio a goccia da 14 litri si lascia stringere con estrema naturalezza evitando lavoro muscolare durante le fasi di guida più rilassate.
Nel misto si rimane stupiti del comportamento ancora appagante di questa Four. Prese facilmente le misure ad una ciclistica facile e giustamente comunicativa, avvantaggiati anche dal grip soddisfacente degli pneumatici Metzeler con appena una settimana di vita, iniziamo ad alzare il ritmo senza nemmeno accorgercene e scoprire una moto tanto rigorosa quanto maneggevole. L’unica alchimia richiesta per iniziare in modo disinvolto la piega è quella di applicare un leggero contrasto al manubrio. La ruota anteriore da 19” genera inevitabilmente un’inerzia direzionale maggiore rispetto alle contemporanee da 17” ma una volta iniziata la svolta, questa ciclistica saprà sorprendere con un’agilità piuttosto elevata ed una volontà a puntare dritta alla corda tipica delle migliori naked attuali, merito evidentemente anche della ridotta sezione degli pneumatici e di un interasse comunque contenuto in 1.405 mm. Anche le sospensioni sembrano decisamente in forma (e pensiamo che siano state periodicamente revisionate visto il loro grado di efficienza), con un set-up di base appena votato al comfort che riesce a garantire un buon filtro rispetto alle acciaccature meno evidenti dell’asfalto anche a moto inclinata, incrementando feeling e stabilità. Per completezza, rispetto ad unità di più recente fabbricazione, i palati più esigenti potrebbero lamentare una certa carenza di progressività, ma parliamo di questioni piuttosto marginali che non inficiano il piacere di guida. Per avere il meglio dal quattro cilindri è d’obbligo mantenere l’ago del contagiri nella parte alta, diciamo almeno sopra quota 5.000, per godere di una spinta discreta in uscita di curva. Parliamoci chiaramente, i 50 cavalli non strappano le mani dal manubrio, nemmeno nelle marce basse, ma saranno comunque sufficienti per danzare con una certa speditezza tra una svolta e l’altra. Ad ogni accelerazione i quattro scarichi Busso omologati in dote alla nostra protagonista (unica licenza stilistica rispetto agli originali dal profilo a tromboncino strozzato) conferiscono un sound unico, graffiante, pieno, tipico dei 4 in linea Honda (e non solo) di quegli anni. Il cambio, nonostante i 50.000 chilometri sul tachimetro, vanta innesti appena contrastati ed una corsa alla leva breve, quasi corsaiola, ad ulteriore conferma della qualità delle trasmissioni made in Tokio. Nota dolente invece dal comparto freni. Il disco anteriore per produrre decelerazioni appena sufficienti richiede sempre la massima trazione alla leva, limitando fortemente il feeling e restituendo oltretutto una sensazione di legnosità che lo rende ancora più distante dall’ottima qualità generale percepita a bordo. Indispensabile quindi accompagnare ogni frenata anche con il tamburo posteriore, sorprendentemente in forma (ha le ganasce nuove), al punto di arrivare piuttosto facilmente al bloccaggio se si insiste troppo con il piede destro. Meglio quindi non tentare staccate all’ultimo metro, sconsigliate anche dagli pneumatici dalla larghezza contenuta, ed anticipare adeguatamente la decelerazione concentrandoci sul disegno di traiettorie il più rotonde e raccordate per sfruttare al meglio la buona velocità di percorrenza.
In autostrada il quattro cilindri frulla a circa 6.500 giri ai canonici 130 all’ora senza generare vibrazioni. La totale assenza di riparo aerodinamico costringe ad indietreggiare sull’ampia sella ed inclinare il busto trovando facilmente un punto di equilibrio rispetto alla massa d’aria che ci investe, permettendo di guidare la CB 500 Four evitando di aggrapparsi al manubrio, con indubbi vantaggi sulla dinamica e sul comfort. La stabilità, anche nel probante test delle giunzioni trasversali tipiche dei viadotti, risulta sempre ottima con l’unico limite rappresentato dalla risposta leggermente brusca dei due ammortizzatori che garantiscono comunque il rispetto della traiettoria impostata. Nella prova di ripresa in quinta dai 90 km/h questo 500cc non fa miracoli, garantendo comunque una spinta costante anche anche approssimandosi alla velocità codice. Per sorpassi veloci meglio scalare uno o due rapporti.
In città la sella posta ad 805 mm da terra consente di poggiare davvero agevolmente con entrambi i piedi (sono alto 1,81). Il peso tutto sommato contenuto ed il raggio di sterzo ridotto la rendono davvero maneggevole anche nelle manovre da fermo. Nelle frequenti ripartenze si apprezza la buona modulabilità della frizione che evidenzia l’unico limite nella fase di attacco un po’ decisa, ma comunque sempre facilmente gestibile. Il motore si mette in luce per una morbidezza in basso da riferimento, evidentemente frutto anche dell’ottima simbiosi con i carburatori Keihin, che consente riprese in quinta dai regimi appena superiori a quelli del minimo. Un’attitudine che nella marcia più rilassata aiuta a limitare notevolmente l’uso del cambio. L’equilibrio generale si mantiene sempre su livelli elevati, facendoci spesso dimenticare che siamo a cavallo di una creatura di 45 anni, e permettendo di districarsi agevolmente anche nel traffico più congestionato. Negli scenari urbani, spesso caratterizzati da asfalti piuttosto malconci, le sospensioni chiedono di essere utilizzate con un po’ di rispetto. La loro taratura risulta in grado di fungere da efficace filtro verso i classici rattoppi o crepe longitudinali, mentre sarà meglio stare distanti da buche e tombini, pena ripercussioni su braccia e schiena. Un risultato comunque positivo che non pregiudica la piacevolezza d’uso a tutto tondo della nostra protagonista. La frenata, inutile ripeterlo, anche alle basse velocità denota i forti limiti di potenza del disco anteriore. Ricordiamoci sempre di agire sulla leva in modo energico con tutte le dita. Gli scarichi bassi ed il poco calore restituito dal quattro cilindri, appena avvertibile all’altezza del ginocchio sinistro, rappresentano un’altra buona notizia per chi vorrà utilizzare la CB 500 Four anche nel classico tragitto casa-lavoro.
Durante il test il 500 cc Honda ha richiesto un litro di verde ogni 18,5 Km.
Cosa mi è piaciuto di più: doti stradali ancora appaganti, facilità di guida, erogazione lineare, cambio veloce, affidabilità
Cosa mi è piaciuto di meno: freno anteriore poco potente, distanza ridotta sella-pedane (per piloti > 180 cm)
Vi lascio in compagnia della bella voce di questo quattro cilindri